lunedì 12 gennaio 2015

RAFFAELLO


Raffaello

Il giovane Raffaello




a)L'evoluzione (1483 - 1508)

Morto il Bramante, Leone X designò suo successore, in qualità di architetto, direttore dei lavori del nuovo San Pietro, un pittore di trent'anni, troppo giovane per recare sulle spalle il peso della cupola del Bramante, ma che fu l'artista più felice, più celebre e più amato della storia.
La sua fortuna cominciò con la sua nascita da Giovanni de' Santi, allora il pittore più in vista di Urbino. Sopravvivono alcuni dipinti suoi, rivelatori di un talento mediocre, ma che mostrano come Raffaello, dal nome dell'arcangelo splendente, fosse stato allevato in mezzo all'odore della pittura. Artisti come Piero della Francesca venivano spesso a visitare Giovanni e si intrattenevano a casa sua; ed egli conosceva abbastanza da vicino l'arte del suo tempo da scrivere intelligentemente intorno a una dozzina di pittori e scultori italiani ed alcuni fiamminghi, nel suo libro intitolato Cronache rimate di Urbino



Giovanni morì quando il figlio aveva solo 11 anni, ma pare che il padre gli avesse già trasmessa la sua arte.
Probabilmente Timoteo Viti, che nel 1495 ritornò a Urbino da Bologna dove aveva studiato col Francia, continuò la sua istruzione e diede a Raffaello ciò che aveva imparato dal Francia, dal Tura e dal Costa. Frattanto il ragazzo cresceva in ambienti che avevano accesso alla corte, e quella società raffinata che il Castiglione doveva descrivere nel Cortegiano, cominciava a diffondere fra le classi colte di Urbino la delicatezza del carattere, dei modi e del linguaggio, che Raffaello avrebbe poi reso celebre con la sua arte e la sua vita. Il museo Ashmolean di Oxford possiede un disegno notevole attribuito a Raffaello, del periodo fra il 1497 ed il 1500 e che da tempo si suppone sia un autoritratto. Un volto quasi da fanciulla, uno sguardo dolce da poeta: ecco i lineamenti che incontreremo di nuovo, più seri e più pensosi, nell'attraente autoritratto (c. 1506) della Galleria Pitti. Immaginate il giovane del primo ritratto che passa, a sedici anni, dalla tranquilla e ordinata Urbino a una città come Perugia, ove il dispotismo e la violenza erano all'ordine del giorno. Ma qui era il Perugino, la cui fama correva per tutta Italia. Gli zii, tutori di Raffaello, sentivano che l'evidente ingegno del ragazzo meritava di essere coltivato dai migliori artisti italiani. L'avrebbero potuto mandare da Leonardo, a Firenze, dove avrebbe potuto trarre dalla sapienza arcana del maestro una vena di profondità; ma c'era qualcosa di strano nel grande fiorentino, qualcosa di un pò sinistro nei suoi amori, che non avrebbe lasciato tranquillo nessuno zio affezionato.Perugia era più vicina a Urbino e il Perugino vi faceva ritorno (1499) conoscendo probabilmente i segreti tecnici dei pittori fiorentini sulla punta del pennello. Così, per tre anni, il bel ragazzo lavorò per Pietro Vannucci, lo aiutò a decorare il palazzo del Cambio, divenne padrone dei suoi segreti e imparò a dipingere madonne devote dalle vesti azzurre, come quelle del Perugino. Le colline umbre, soprattutto quelle intorno ad Assisi, che Raffaello poteva vedere dalle alture di Perugia, fornivano al maestro e all'allievo il modello di quelle madri semplici e devote, con le belle forme giovanili tuttavia modellate secondo sincera pietà che respiravano in quell'atmosfera tutta francescana.









Quando il Perugino andò di nuovo a Firenze (1502), Raffaello rimase a Perugia ed ereditò le ordinazioni di quadri religiosi che il suo maestro aveva avuto. Nel 1503 dipinse per la chiesa di S. Francesco una Incoronazione della Vergine, ora in Vaticano: gli apostoli e la Maddalena, che stanno intorno a un sarcofago vuoto, guardano in alto, dove su un tappeto di nuvole il Cristo pone una corona sul capo di Maria, mentre gli angeli leggiadri ne cantano le lodi con la musica del liuto e dei tamburelli. Vi sono molti segni di immaturità: le teste non sono sufficientemente individualizzate, i volti sono inespressivi, le mani mal fatte, le dita rigide e il Cristo stesso, ovviamente più vecchio della graziosa madre, ha un atteggiamento goffo, come se fosse un laureato alla cerimonia di laurea. Ma negli angeli musicanti, dai movimenti aggraziati, dalle vesti fluttuanti, dai volti delicatamente disegnati, Raffaello già preannuncia la sua futura grandezza. L'anno seguente un'altra chiesa di S. Francesco, a Città di Castello, gli ordinò un quadro simile, Lo Sposalizio (Brera). Esso ripete alcune figure  del dipinto precedente e copia la forma di un quadro simile del Perugino. Ma la Vergine ha ora proprio le caratteristiche e la grazie delle donne di Raffaello: la testa inclinata in segno di modestia, il volto ovale, dolce e composto, le spalle, le braccia e le vesti che seguono un'unica curva. Dietro alla Vergine vi è una donna più procace e viva, bionda e leggiadra; a destra un giovane dal vestito attillato mostra come Raffaello avesse studiato attentamente le forme del corpo umano; ed in questo dipinto ormai le mani sono tutte ben disegnate e alcune sono belle.


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