martedì 3 febbraio 2015

FUSIONE OTTICA


OPERE DI HENRI MATISSE, ANDRE' DEREIN, CLAUDE MONET

Per ottenere nuovi colori si possono mescolare le tinte sulla tavolozza o fonderle insieme otticamente solo nell'occhio dello spettatore. L'invenzione di questa tecnica va attribuita agli impressionisti che, affascinati dalla luce, dopo la metà del XIX secolo, scoprono di poter rendere meglio le condizioni reali di luce frammentando i colori. Gli impressionisti applicano il colore alla tela senza complicate preparazioni: piccole macchie di colore puro da lontano vengono percepite come fuse insieme in un nuovo colore. Precursori di questa nuova tecnica pittorica sono Jean Antoine Watteau e Eugène Delacroix, ma è solo con i neo-impressionisti e Paul Signac e Georges Seurat che la tecnica viene applicata scientificamente e sistematicamente fino a sfociare nel puntinismo che consiste nell'applicare alla tela minuscole macchie, sempre uguali, di pigmento puro, capaci di creare una completa fusione quando l'immagine viene osservata da lontano.

Nella fusione ottica, la mescolanza ha luogo perché gli stimoli della luce colpiscono l'occhio simultaneamente, agendo sullo stesso punto della retina ed impedendo all'occhio di scindere le varie tinte. In queste condizioni la retina non è in grado di differenziare gli stimoli e l'occhio, confuso dalla loro simultaneità, è indotto a registrare una nuova sensazione cromatica. I materiali usati in pittura sono pigmenti che riflettono luce colorata: la loro combinazione si basa sul principio additivo, non sottrattivo, della sintesi luminosa. Così, se si usano due colori complementari, il terzo colore dovrebbe essere teoricamente bianco, perché è questo ciò che avviene quando si sovrappongono due strisce di luce di colore complementare; in realtà l'effetto risulta più complesso, sia perché i pigmenti non sono mai dell'esatto colore richiesto, sia perché le tinte accostate non sono mai due soltanto. E' vero però che una superficie coperta di fitte macchioline verdi e rosse, tende a sembrare grigiastra perché i colori si annullano, mentre se accostiamo due zone compatte di verde e di rosso, i colori si esaltano perché vengono visti successivamente.

"Collioure", Henri Matisse

Nell'opera "Collioure", Henri Matisse segna il distacco dall'influenza di Paul Signac, la cui tecnica neo-impressionista aveva dominato le sue opere degli anni precedenti. L'artista conserva i colori quanto più puri e accesi possibile, affiancandoli gli uni agli altri, invece di mescolarli insieme. Ma le pennellate sono diventate più larghe e le linee sono diventate lunghe e sinuose.







"Collioure" di André Derain






Il quadro "Collioure" di André Derain, raffigura lo stesso paesaggio di Matisse ed è realizzato nello stesso periodo. In "Collioure" Derain combina tocchi di colore secondo lo stile del neo-impressionismo con aree più larghe di colore uniforme.










Nell'opera "Stazione di Saint Lazare" di Claude Monet, gli strati di colore opaco riflettono la luce e appaiono più chiari grazie all'aggiunta della biacca. Monet era affascinato dagli effetti della luce colorata sull'umidità nell'atmosfera, sia che si trattasse di vapore, foschia, nebbia o afa. E' in queste condizioni infatti che la luce si frantuma nei propri elementi iridati e che le gocce di umidità assomigliano a una miriade di prismi che riempiono l'atmosfera, creando un effetto di luce più scintillante e vivace. Anche l'irregolarità delle macchie di luce, rende evanescente l'immagine.

"Stazione di Saint Lazare" di Claude Monet

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